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Cenni Storici

San Procopio è un comune italiano di 474 abitanti della città metropolitana di Reggio Calabria in Calabria. Sorge sulle pendici tirreniche dell'Aspromonte tra due fiumare, Sèvina e Màngani, e si affaccia sulla Piana di Gioia Tauro.

Le origini del paese.

Madonna "du Jesu"

Abbiamo cercato di raccogliere le notizie di carattere generale che ci sembravano utilizzabili per ricostruire la storia della piana nella sua essenzialità fino all'anno 1000, dovendoci talvolta del fatto che gli storici del basso medioevo hanno indebitamente ignorato l'esistenza di San Procopio come ente territorialmente autonomo: e quando nei primi secoli dopo il 1000 qualcuno se ne è accorto lo ha a malapena indicato come Casale di Sinopoli. Il termine di Casale in verità non è disdicevole sul piano giuridico - amministrativo anzi ne esalta la figura come di un nobile decaduto. Infatti Francesco Calasso, uno dei più validi esperti del settore nella sua pubblicazione “la legislazione statuaria dell'Italia meridionale”- multigrafica edizione Roma 1971 , così spiega l'origine dei Casali : la città è presente allo stato soprattutto coi suoi elementi materiali come una circoscrizione territoriale e un insieme di uomini;  Eh però quando essa si rende rea di delitto politico tra parentesi congiura ribellione eccetera lo stato la punisce appunto spezzandole l'unità territoriale : ne abbatte anzitutto le mura , ne spiana le case : le toglie , così , la qualifica di civitas e la riduce a un aggregato di Villa o Casale. Secondo il Calasso di questo declassamento delle civitas fece uso Federico II. Col passare del tempo questa posizione subalterna della vecchia civitas, di fronte alla nuova costituita con il favore del re finì col perdere il significato storico politico e passò a rappresentare una specie di centro satellite rispetto alla città dominante.

Nel nostro caso pensiamo, senza alcun tono di pretensione, che la vera civitas nella zona pre-aspromontana prima del Mille dovette essere San Procopio e solo dopo la costituzione del feudo dei Ruffo , con la sua articolazione in “suffeudi o baronie” , Sinopoli acquistò importanza primaria .

La nostra considerazione trova conforto in un accostamento comparativo di carattere statistico con riferimento a dati precisi sul numero degli abitanti nella prima metà del 1700. Per quanto riguarda San Procopio lo stato (elenco) delle anime, compilato e datato 31 maggio 1764 Arciprete Nappa, riporta i nomi dei componenti dei nuclei familiari per un totale di numero 1534 residenti. Tale cifra ha trovato per noi riscontro quasi perfetto nell'analogo elenco fatto in sede di formazione del catasto onciario conservato nell'archivio di Stato di Napoli. Per lo stesso periodo, approssimativamente, di Sinopoli abbiamo i dati sulla popolazione ma con il conteggio in fuochi, cioè i nuclei familiari che convenzionalmente venivano moltiplicati per tre o per quattro, presumendo che il totale equivalesse al numero degli abitanti. Il professor Giuseppe Caridi nella sua ricchissima e dettagliata storia dei Ruffo “la spada , la seta , la croce” s.e.i. Torino 1995 a pagina 113 riporta nella tabella B l'andamento demografico in fuochi nei feudi dei Ruffo di Scilla per l'anno 1556 e indica per Sinopoli omnicomprensivamente numero 573 fuochi che moltiplicati per il parametro maggiore quattro darebbero numero 2292 abitanti.

Ovviamente non si intende sollevare una questione di carattere campanilistico ma solo porre la cosa sotto osservazione virgola in quanto la storia di Sinopoli, per chi vorrà riprenderne la trattazione con obiettività, dovrà tenere conto che prima dell'epoca Ruffo i cosiddetti Casali avevano avuto vita autonoma. Il professor Liberti, per come già avanti rilevato, per San Procopio ha visto la necessità di una revisione storica.

L'abitato di San Procopio deve essere sorto per l'ampliamento di qualche nucleo residenziale di immigrati appartenenti alle popolazioni considerate aborigene e di cui abbiamo cercato di indicare la provenienza e di primo insediamento nella nostra zona.  Comunque il paese va riguardato nel contesto della Piana, avendo con gli altri paesi esercitato un'azione di raccordo in un clima di pacifica convivenza. Dopo una presumibile fase di assestamento, in concomitanza delle maggiori possibilità di lavoro o migliori condizioni climatiche la più consistente aggregazione deve essersi spostata in via permanente nell'aria est sud est dell'attuale comune, dove sono visibili tuttora ruderi dell'impianto urbano costituenti segni materiali delle distruzioni provocate dai terremoti che nel tempo si succedettero. I ruderi i più antichi sono quelli disposti ad Est della Fontana dell'acqua di Jesu (acqua di Gesù), così nominata per la presenza nelle vicinanze di una chiesa intitolata a Gesù o a S. Maria di Gesù. Tale zona presentava favorevoli condizioni climatiche, fertilità di terreno ed una sistemazione che la rendeva crocevia della viabilità locale circondariale.

La bontà della zona era qualificata dai requisiti mantenutisi fino al nostro secolo e rilevati anche dal geografo illustre professor Luigi Laquaniti nei suoi iscritti 1941- 1976, curati dal professor Antonio Pipino ed editi dall'Associazione italiana insegnanti di geografia, Sezione Calabria. Secondo il professor Laquaniti l'area pre-aspromontana era idonea alle tradizionali colture dell'olivo, della vite e dei cereali.  Quale fosse il reale stato urbanistico dei paesi pre-aspromontani all'epoca del terremoto del 1783 (cosiddetto flagello), possiamo derivarlo dalla relazione elaborata da Mario Baratta per incarico della Società geografica italiana sulla catastrofe sismica calabro-messinese (28 dicembre 1908) pubblicata presso la Società geografica italiana, Roma 1910. Il Baratta, funzionario tecnico di grande esperienza, nella raccolta delle notizie per la relazione si avvalse della collaborazione di studiosi locali, i cui nomi vengono indicati in calce alla pagina 163 nel contesto del ringraziamento , che pubblicamente egli volle formulare : ringrazio sentitamente l'avvocato Giovanni Alessio , don Bruno Occhiuto, l'ingegnere Pellegrini e l'avvocato Francesco Arcà che mi hanno fornito notizie relative a diversi abitati della Piana. Quindi le notizie del Baratta su San Procopio provengono dal reverendo Don Bruno Occhiuto trasferitosi dal paese quando venne nominato Vescovo di Cassano in provincia di Cosenza a suo nome è intitolata la piazza antistante alla chiesa parrocchiale e noi lo ricordiamo come dottissimo e illuminato presule, giornalista rigoroso nell'espressione, profondo studioso e conoscitore di problemi culturali e sociali , nonché scientifici tanto da collaborare nella redazione del bollettino dell'osservatorio Morabito di Mileto .

 

Tratto dal Libro “La Piana di Palmi e la storia inedita di San Procopio” - Prof. Domenico Antonio Casella – edizione officina grafica.

 

Sisma del 1783 - racconto di Don Procopio Galimi originario di San Procopio

Il Sisma del 1783 Don Procopio Galimi- originario di San Procopio

 

In aggiunta alle notizie del baratta sulle devastazioni provocate nel territorio di San Procopio dal terremoto e del 1783 riteniamo opportuno riportare alcuni brani della lettera relazione inviata da Don Procopio Galimi al Ministro Don Giuseppe Vario, a Napoli , e pubblicata dal professor Luppino nella sua monografia su Sinopoli. Scrive il Galimi al Ministro: io intanto per adempiere a vostri comandi e soddisfare la vostra lodevolissima curiosità restringerò il racconto al più notabile accaduto nel suolo di Sinopoli e San Procopio mia patria , quasi contigua al piano di Vozzano teste siffato per conto del tremuoto...Non sono in grado di osservare tutta la provincia con quell'aggio che si conveniva come feci nella adiacenza della fu mia patria ...I paesi di Sinopoli e di San Procopio e per l'amenità dei siti e per la salubrità dell'aria e per la fertilità delle campagne non invidiavano qualunque altro di quella provincia. In questo territorio avvennero i cangiamenti ed i fenomeni delle quali vi formo la storia .  Una donna robusta chiamata Domenica Marafioti , portando per mano una sua ragazza di tre anni, in mezzo alla strada detta di San Rocco la perdè ingoiata in una apertura allora formata , dalla quale volendola viva a forza estrarre, non fu possibile: Ma immediatamente chiudendosi la fenditura , restò assorbita la disgraziata ragazza . Asseriscono uniformemente quei compaesani, che nell'atto del terremoto lì più annosi alberi di olive e querce non solamente venivano scossi più di quanto una semplice quantunque ingentissima forza concussiva potea produrre , ma le più alte cime di esse arrivavano curvate fino a terra . Nelle contrade dette (Goletta e Conturella) dove per maggior mia disgrazia erano le principali poderi, dalle quali io e la mia casa ritraevamo una comoda sussistenza , che formavano un lungo Colle alla bassa pianura alberata di ulivi , lunga circa un miglio e mezzo , chiamata a Rasalà accaddero le maggiori alterazioni che mai possono immaginarsi . e cosa facilissima ivi vedere grandi alberi di ulivi svelti dal natio suolo e sbalzati a lunga distanza di 80 passi con tutta la massa di terra madre che restringevano nelle loro brancute radici .   Resto & Procopio Galimi- Napoli maggio 1783.  Diamo al professor Luppino il giusto merito per la scoperta del documento: solo ci pare di dover osservare che le espressioni usate dal Galimi sulla sua patria e l'indicazione sulle contrarie, dove erano siti i suoi fondi devastati Conturella , Rasalà eccetera , fanno , ancora oggi , parte del Comune di San Procopio . 

Mario Baratta- la catastrofe sismica calabro – sicula (28 dicembre 1908). relazione alla Societa’ Geografica Italiana- Roma 1910.

All'incontro San Procopio è rimasto interamente distrutto, ma fortunatamente con poche vittime . Sorge questo paese sopra una specie di altipiano sottostante ai pontoni della bombardara e di San Gianni , fra il torrente torbido e il Sevena , affluente del duverso ; Esso è costituito da lembi di sabbie gialle con ghiaie del pliocene superiore riposanti su marne bianche pure plioceniche.

Nel 1783 il villaggio che contava 1442 abitanti , fu totalmente abbattuto con la morte del 22 % della popolazione ;  Nel suo territorio la violenza del movimento sismico fece aprire fenditure e determinare vari scorrimenti e sconvolgimenti nel suolo ;   Fu quindi ricostruito ex novo , ma ancora sulla stessa area , ed in seguito andò sviluppandosi maggiormente verso ponente . Per il terremoto del 1894 fu di bel nuovo quasi ridotto in un cumulo di macerie , giacché delle 290 case che lo componevano , 53 rimasero affatto demolite , 200 parzialmente distrutte e le altre tutte in modo più o meno grave danneggiate . anche per la scossa del 1905 aveva risentito danni non lievi…

Interessanti sono le osservazioni di don Bruno Occhiuto pubblicate nel bollettino sismico dell'osservatorio Morabito di Mileto dal quale estraggo i seguenti passi cui serve di delucidazioni l'unito schizo planimetrico del paese tratto dalle nuove mappe catastali . A San Procopio si trova una sola strada orientata in modo che gli edifici hanno presentata la fronte alla direzione prevalente del terremoto che è stata , come vedremo sud ovest -nord est . 

In essa ha tutti i muri di prospetto si sono rovesciati allo infuori ed in modo tale da sembrare adagiati sulla strada anzi si direbbero in quella posizione stessa stati costrutti. Uguale fenomeno si osserva nel muro di cinta del camposanto che prospetta il nord - est .

In San Procopio si osservarono casi di muri che presentano quattro lesioni principali iniziantisi ai quattro angoli del muro stesso e convergenti le regolarmente al centro di figura in modo da formare due fenditure disposte a croce di Sant'Andrea . Furono inoltre osservati vari fenomeni rotatori, di cui parlerò in seguito . Le case all'estremità meridionale del villaggio sebbene pessimamente costrutte , furono le sole rimaste in piedi,  quantunque lesionate in modo tale da dover essere poi per precauzione demolite . Due soli edifici posti in punti diversi del paese , costrutti con sistema baraccato non sono caduti , ma sono rimasti molto danneggiati per essere il legno dell'armatura assai deteriorato dal tempo .  infine Don Bruno Occhiuto mi ha gentilmente comunicato i seguenti altri particolari:In tre casi situate in diverse località dell'abitato ma isolate , essendo crollati i muri perimetrali fino all'altezza del pavimento , i tetti sono caduti come un sol pezzo sui muri rimasti , pur conservando la loro posizione , anzi le tegole non sono state neppure smosse dalle stelle su cui poggiavano .   In parecchie case sono stati abbattuti i muri perimetrali di prospetto quasi fino al livello della strada . dopo che furono sgombrate le macerie delle vie , si vedevano le basi di siffatti muri alti appena 40 50 cm virgole costrutte con muratura ordinaria calce ciottoli di torrente e mattoni. Il muro di prospetto della Chiesa del Rosario rivolto verso il torrente torbido quantunque è legato da un solido tirante in ferro è crollato tutto all'infuori mentre la porta è caduta verso l'interno della Chiesa : di detto muro non sono rimasti che circa 80 cm sul livello della strada . le catene sono state trovate appese là ove erano state poste: il tetto era poggiato sul legname . Riguardo ai fenomeni di indole geologica riferisce don Bruno Occhiuto che in una sorgente in contrada Mortilli crebbe più del doppio la portata , è che sulla rotabile per palmi , al confino occidentale del paese , presso la chiesa dell'addolorata , si è aperta una spaccatura larga 10 cm e lunga , eccezione fatta di qualche soluzione di continuità , quattro 5 km verso nord est fino alla contrada cancelli .

L'inizio di questa spaccatura è sul terreno di riporto: la sua direzione corre ad un dipresso parallelamente al corso del torrente torbido da cui si mantiene distante da 100 a 400 m.

Il nuovo abitato di San Procopio post terremoto

Dopo il terremoto del 1908 San Procopio fu ricostruito all'incirca nello stesso sito in cui sorgeva l'abitato distrutto, salva qualche modifica sulla tipologia dei fabbricati, sul loro allineamento lungo gli assi stradali. Le case furono abbattute nell'altezza ed i muri di sopraelevazione consentiti fino al livello del primo piano con rialzo sovrastante strutturato con telaio in travi di legno, tamburate con pareti ad incanucciata ed intonaco, e copertura al lamiere zincate ondulate. Ma le prime costruzioni del rifugio immediato furono le baracche montate dal Genio Militare con il sistema delle palafitte per sottrarle al contatto col terreno umido. Tali baracche restarono in piedi per parecchi decenni, prima che fossero sostituite con alloggi in muratura dall'Istituto Autonomo Case Popolari: baracche erano ancora in piedi dopo la seconda guerra mondiale. Ora il paese si sta rinnovando ed i fabbricati devono rispettare la tecnica delle costruzioni antisismica a cemento armato, che rendono la vita più sicura e più comoda, talché le attuali generazioni non scontano i disagi e le sofferenze di quelle passate.  

 

Tratto dal Libro “La Piana di Palmi e la storia inedita di San Procopio” - Prof. Domenico Antonio Casella – edizione officina grafica.

 

 

Il Santo

san procopio santo

San Procopio, il Santo.

 

 I monaci basiliani, gli insediatisi nel territorio in cui vivevano le comunità pre-aspromontane dedite soprattutto all'agricoltura ed alle attività connesse si fecero promotori dell'intitolazione dell'agglomerato abitato dai nostri antenati al nome di San Procopio vescovo e martire della Chiesa.   Dalla “Storia universale della Chiesa” abbiamo ricavato le seguenti notizie. Procopio visse durante il governo dell'imperatore Diocleziano fu considerato il più accanito e feroce persecutore dei cristiani  Le notizie sulla sua vita non sono unanimemente considerate precise e databili in modo sicuro , perché le aggiunte, che nei secoli si sono sovrapposte , hanno rivestito il filone agiografico fondamentale di un alone di leggendario per esaltarne le virtù ed il martirio . Coordinando i riferimenti sulla vita e sui miracoli, si può dare attendibilità alla seguente ricostruzione.  Eusebio di Cesarea nella sua opera i martiri della Palestina riferisce il primo dei martiri della Palestina fu Procopio. Prima di fare esperienza della prigione, subito, al suo arrivo , fu condotto davanti al tribunale del governatore Firmiliano, ed al giudice Flaviano e ricevette l'ordine di sacrificare ai pretesi Dei . Disse di non conoscere che un solo Dio, al quale conveniva sacrificare come egli stesso voleva. allorché gli si ingiunse di fare libazioni ai quattro imperatori , pronunciò una di quelle parole che  loro poco garbano ed ebbe troncata la testa . aveva citato quel motto del poeta: “non è bene che vi sia un governo di molti” ; uno sia il capo , uno il re. (Omero, Iliade, II 204). Era il giorno settimo del mese di Daisio, il settimo prima delle idi di giugno, secondo il calendario romano il quarto giorno dal sabato allorché questo primo segnale fu dato a Cesarea di Palestina . Tale testo di Eusebio proviene da una recensione breve, cioè sommario ed essenziale, della vita dei martiri , sui quale esiste anche una recensione lunga , cioè ricca ed analitica , di cui la parte relativa a Procopio , perduta l'originale , si può leggere in una traduzione siriaca ed in un'antica traduzione latina . Procopio, dunque, era nativo di Aelia (Gerusalemme) e si era stabilito a Scitopoli, dove adempiva tre funzioni ecclesiastiche : lettore , interprete di lingua siriaca ed esorcista … Se nelle scienze profane egli non possedeva che un'istruzione mediocre, la parola di Dio , invece , era il suo argomento di studio.

Condotto con altri compagni da Scitopoli a Cesarea subì un processo sommario e fu condannato a morte. A spiegazione dobbiamo aggiungere che la Palestina faceva parte dei domini romani del Medio Oriente, che erano stati riordinati con la riforma di Diocleziano imperniata sui quattro imperatori, per come già avanti esposto. Diocleziano, di fronte alla immensità dell'impero ed ai problemi connessi di carattere sociale, politico e religioso istituì la cosiddetta tetrarchia  cioè divisa virgola in sostanza , l'impero è in due parti , Oriente e l'occidente , con a capo di ciascuno un imperatore soprannominato Augusto assistito da un imperatore di secondo grado , soprannominato Cesare. Con ciò resta chiarita l'imposizione a Procopio di fare libazioni ai quattro imperatori.

Le tue parti dell'impero formalmente unico ma sostanzialmente diviso, furono organizzate in circoscrizioni minori dette diocesi e le diocesi a loro volta furono divisi in provincia, ognuna delle quali sottostava all'autorità di funzionari minori soprannominati governatori.  Una prima leggenda attiene ai particolari dell'interrogatorio reso davanti al giudice Flaviano, condotto con veemenza apologetica e con una ferma esposizione delle ragioni di fede. All’interrogatorio ed alla condanna seguì l'esecuzione della pena capitale; ma il carnefice Archelao nel momento in cui alzava la mano per decapitare Procopio, rimase paralizzato e morì.  Ma Procopio, guarito miracolosamente dalle torture, purtroppo fu sottoposto ad altro processo con l'accusa di magia per aver cagionato la morte del boia: talché nuovi supplizi tra quel seguente.

In una mano di Procopio vengono posti carbone ardenti e su questi viene sparso incenso e si chiede a Procopio di lasciar cadere l'incenso sull'altare come atto di adorazione agli Dei. La mano di Procopio, però, resta immobile senza che venga soddisfatta la richiesta: per cui condanna capitale con decapitazione. Il culto di Procopio, divenuto Santo, era grandissimo nella chiesa bizantina ed a Scitopoli, sua patria fu eretta una cappella nella residenza episcopale mentre a Cesarea luogo del suo martirio fu eretta una chiesa ad onore e gloria. Altre quattro chiese gli furono dedicate a Costantinopoli. La popolarità del Santo ispirò pittori e scultori. Molto significativo un quadro con la sua immagine, facente parte di un trittico con la Vergine, il Bambino e la pietà, conservato a Venezia nel museo Correr opera di un pittore greco - veneto del XVI secolo. In Calabria hanno ricevuto il nome del Santo anche due paesi presso Amantea e Stilo. La festa del Santo cade l'otto luglio.

A conclusione, ci pare sia il caso di fare notare che nella statuaria corrente il Santo è rappresentato a cavallo con in mano la spada con cui trafigge un turco travolto a terra. Si tratta di una raffigurazione evidentemente simbolica dimostrativa della vittoria finale dei cristiani sugli infedeli o musulmani. Un medaglione a mosaico del secolo dodicesimo, che si trova nella cappella Palatina di Palermo, da un'immagine del Santo di aspetto giovanile recante la croce nella sinistra con un gesto solenne e severo.

 

Tratto dal Libro “La Piana di Palmi e la storia inedita di San Procopio” - Prof. Domenico Antonio Casella – edizione officina grafica.

 

 

Lapide Capitano Garibaldino De Leo Pasquale

Lapide Capitano Garibaldino De Leo Pasquale

Lapide in sua memoria sulla facciata del municipio di San Procopio.

Capitano Garibaldino De Leo Pasquale

Capitano Garibaldino Pasquale De Leo

Nato a San Procopio (Provincia di Reggio Calabria) il 16 Settembre 1823, appartenente ad un nobile famiglia di questo Comune , trascorse i suoi primi anni probabilmente in Seminario.

Il 26 Agosto 1846, a soli 23 anni, riusciva ad ottenere dall’Università di Napoli la Laurea in Belle Lettere e Filosofia e, a distanza di un anno, conseguiva, nella medesima Università, la Laurea in Giurisprudenza.

Di lì a pochi anni lo vediamo entrare nella vita militare col grado di Capitano della Guardia Nazionale.

Proprio in questo periodo la figura di Pasquale De Leo incomincia ad assumere una autorità quasi assoluta nella vita politica locale. E’ Lui l’arbitro che viene chiamato a decidere anche sulle controversie della vita familiare. Continua...

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Ultima modifica: lunedì, 29 aprile 2024

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